Il disconoscimento delle copie fotostatiche deve essere tempestivo e specifico

Il disconoscimento delle copie fotostatiche deve essere tempestivo e specifico
30 Novembre 2017: Il disconoscimento delle copie fotostatiche deve essere tempestivo e specifico 30 Novembre 2017

L’art. 2719 c.c. prevede che le copie fotostatiche di documenti scritti abbiano la stessa efficacia probatoria delle copie autentiche se la loro conformità all'originale è attestata da un pubblico ufficiale oppure non sia espressamente disconosciuta dalla parte contro la quale sono fatte valere.

Nella seconda ipotesi, tuttavia, il disconoscimento deve essere effettuato in modo tempestivo e specifico.

Sul punto si è di recente espressa anche la Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27233/17 depositata in data 16 novembre u.s..

Nel caso di specie un Condominio, creditore nei confronti di una S.r.l. delle spese condominiali scadute, aveva ottenuto dal Giudice di Pace un decreto ingiuntivo.

La società debitrice aveva proposto opposizione al predetto decreto, contestando la non conformità tra le copie dei documenti prodotti dal Condominio a sostegno della domanda monitoria ed i rispettivi originali.

L’opposizione della società, tuttavia, veniva respinta, come pure il successivo appello, in quanto il Tribunale di Larino osservava che nel caso specifico il disconoscimento non era stato formulato in modo chiaro e circostanziato.

Approdata la causa in Cassazione, anche i Giudici di Piazza Cavour hanno rigettato il ricorso della società, ricordando come “in relazione all’art. 2719 c.c. (…) applicabile tanto all’ipotesi di disconoscimento della conformità della copia al suo originale, quanto a quella di disconoscimento della autenticità di scrittura o di sottoscrizione, nel silenzio della norma in merito ai modi e ai termini in cui i due suddetti disconoscimenti debbano avvenire, opera per entrambi la disciplina degli artt. 214 e 215 c.p.c., con la conseguenza che la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta (…) se la parte comparsa non la disconosca, in modo formale, e quindi specifico e non equivoco, alla prima udienza ovvero nella prima risposta successiva alla sua produzione”.

Nel procedimento monitorio, poi, “la prima risposta deve essere individuata nell’atto di opposizione (e con la formulazione delle difese in seno a questo atto), atteso che, con tale opposizione, si dà inizio non ad un autonomo processo, ma ad una fase di quello già iniziato con la notificazione del ricorso e del pedissequo decreto, sì da configurarsi come “la prima risposta” del debitore”.

Nel caso di specie, invece, l’opponente non aveva effettuato una contestazione chiara e circostanziata “sia dei documenti esibiti che si intendevano contestare, sia degli aspetti per i quali si assumeva che differissero dagli originali”, essendosi limitato ad un disconoscimento generico ed astratto.

Per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha ritenuto non accoglibili le censure mosse dalla società debitrice.

Tuttavia, se l’indicazione degli specifici documenti di cui si contesta la difformità è senza dubbio requisito necessario ai fini dell’efficacia del disconoscimento, non sembra potersi affermare lo stesso con riferimento agli “aspetti” (rectius: motivazioni) per i quali la parte ritiene sussistente la non conformità all’originale.

Si tratta di un assunto che si trascina da una sentenza all’altra, senza che ne sia stato spiegato il fondamento, che appare ingiustificato.

Anzitutto, perché l’indicazione di tali “motivazioni” non è espressamente prevista dall’art. 2719 c.c., né pare altrimenti desumibile, pena il travisamento della citata disposizione.

In secondo luogo, in quanto è evidente la difficoltà pratica per la parte che effettua il disconoscimento di indicare le ragioni per le quali ritiene che il documento non sia conforme all’originale, atteso che lo stesso non è nella sua disponibilità materiale e, pertanto, non è da essa consultabile.

Per altro verso va osservato che l’art. 2719 c.c., così come gli artt. 214 e 215 c.p.c., paiono configurare un diritto processuale potestativo della parte contro la quale viene fatta valere la copia fotostatica, e cioè quello di riconoscere la sua evidenza probatoria, benché esso non sia il documento originale o una sua copia autentica, bensì aliquid aliud.

Sarebbe dunque del tutto improprio sostenere che l’atto di esercizio di tale diritto potestativo debba essere motivato.

Il disconoscimento previsto dall’art. 2917 c.c. pertanto deve sicuramente essere effettuato in modo tempestivo, specifico e non equivoco, ma non è corretto imporre alla parte l’indicazione anche delle ragioni per le quali ritiene la copia fotostatica non “genuina”.

 

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